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Noisey | 29.10.2015

Luciano Lamanna è ancora uno degli uomini più indaffarati dell'underground romano. Non si ferma un attimo, continuna a produrre techno, spippoli modulari, collaborazioni... Continua a fare il DJ e a portare avanti progetti un po' più ambiziosi, come i Der Noir: una band che, a giudicare da quanto stiamo per farvi ascoltare, contempla la possibilità di mutare costantemente. Non c'è dentro solo il macchinista Luciano, ovviamente: il trio è stabile fin dalla sua formazione, e contiene Manuel Mazzenga alla chitarra e Manuele Frau (che qualcuno ricorderà nei grandissimi Dirty Power Game) basso. Con A Certain Idea of Love i Der Noir sono già arrivati al quarto album, sempre per non smentire la vena prolifica di cui sopra. Dicevamo che l'evoluzione è continua e a questo giro ci pare proprio che la band abbia svoltato in maniera abbastanza netta: dal combo classicamente darkwave che erano all'inizio, malato di una nostalgia romantica che diventava la sua vera forza, si sono trasformati in una creatura più astratta e atmosferica, allos tesso tempo rarefatta e pesante, in cui chitarre e texture sintetiche formano un wall of sound molto oscuro, su beat slo-mo dai suoni austeri. Cinque paesaggi devastati dalla luce artificiale per un disco che sarebbe potuto uscire su Blackest Ever Black e invece sarà fuori per Subsound/RBL il 13 novembre, dopo un singolo in cui nientemeno che Giorgio Gigli gli ha remixato il brano "Blue".

http://noisey.vice.com/it/blog/der-noir-love


Magmusic | 08.01.2014

Lo scongelamento. All’apparenza risulta essere come un gioco di luci ed ombre quello che ruota attorno ad un processo legato, più che all’anatomia, alla ricerca delle forme più consone, e di conseguenza i lati di queste. Ma luminosità e contrasto sono caratteristiche più di contorno, rispetto alla fusione dei corpi mista ad un procedimento di tipo leonardiano, in cui la mescolanza tra ciascun soggetto finisce per divenire tutt’uno all’interno di un quadrato, di un cerchio, di un triangolo, per poi, di conseguenza, ruotare attorno ad esso. Analogamente per una numerologia il cui ruolo, stavolta, non è quello tipico delle pratiche di stampo occulto. Sono i punti cardine di una missione che i tre musicisti che si nascondono dietro i Der Noir hanno scelto di portare a termine, in un viaggio tra Roma e Berlino, andata e ritorno. “Numeri e figure“, giustappunto, a poco più di un anno di distanza da un esordio di tutto rispetto come “A Dead Summer“. Uno studio, quello dei nostri, che in qualche modo segna la lenta evoluzione alla base di questo album, un passaggio dall’inquietudine di quanto già sperimentato precedentemente a qualcosa di più vicino a quello che è il lato “caldo” della new wave. E se Carry On è il cordone ombelicale che separa la band di oggi da quella di un anno fa, una full immersion di Neon, nella voce di Manuele Frau, sorretta dal lancinante riff di chitarra di Manuel Mazzenga, ed altrettanto si può dire per l’elettro-industrializzazione che è prerogativa di Kali Yuga, entrambe coadiuvate dal contributo della collega Anna Martino, sono presenti due momenti atti a segnare definitivamente il percorso della band: L’inganno, melodia di ispirazione pop, cantato italo-tedesco ed un malinconico solo di tromba a condire il tutto, e The Forms, calda chiusura a metà tra chill-wave ed atmosfere tranceggianti, ben amalgamate da Luciano Lamanna, mood ulteriormente marcato dalla presenza dell’affascinante sassofono di Pierluigi Ferro, direttamente dalla Macelleria Mobile di Mezzanotte. Il resto, sempre di alta qualità, è in mano all’incalzante title track e all’ossessiva Metamorfosi, memorie della Firenze dark da una parte e di Bauhaus dall’altra, al lineare ed incessante andamento di She’s the Arcane e ad un’atmosfera da club che fa breccia tanto in Zero quanto soprattutto nell’unico momento strumentale del disco, Sunrise, caratterizzato da ritmiche di stampo house rese secondo quello che è il linguaggio del trio. Difatti, la crescita dei Der Noir è evidentissima e non può che dare luogo ad un album che va oltre l’obiettivo già portato a termine con “A Dead Summer”, mostrando come i ragazzi abbiano definitivamente scoperto le carte e si trovino con alle porte diverse prospettive di sicuro successo. Che male non fanno, nel loro caso. Visto anche quanto proposto.




Rockit | 27.09.2013


Effetto notte, questo produce l’ascolto dei Der Noir, quasi che un filtro scuro si ponesse tra l’occhio e il resto per rendere d’un buio brillante ogni parte del giorno: darkwave asciutta, lineare, con dosi importanti di synth e drum machine che m’immagino a ballare con linee spesse di eyeliner e movimenti minimali a tempo con la strobo (“Sunrise”), c’è la cold scaldata dai fiati di “L’Inganno”, c’è l’alternarsi di inglese e italiano che pare a volte creare distanze imprevedibili. In brani come “Numeri e Figure” sento il ricordo dei Litfiba, e in tutti gli angoli che si moltiplicano come un caleidoscopio di illusioni fredde, come in un gioco di specchi tra toni di grigio dove le proiezioni infinite di sé non servono a contrastare le paure ma solo ad amplificare le incertezze, ovunque una polvere sottile di anni ottanta mescolata all’attenzione analogica e a un costante approccio gelido, con punte di ghiaccio ipnotico (“Kali Yuga”), come l’intensità di un urlo dritto al cuore, come una corda in perenne tensione. Il singolo “Carry On” è forse il brano più immediato, quando poi si entra nell’album bisogna scavare, attendere, girare intorno e coprirsi bene, ché si incontrano sfumature, dall’electrodark nerissimo e tagliente (“She’s The Arcane”) giù fino ai dreamy effects di “The Forms” dove si riesce a vedere una luce, l’unico pezzo dove c’è, leggerissima come da una porta socchiusa, come dalla tua bocca che si apre, come un abbraccio sospeso nell’aria che alla fine ti prende e scalda un po’. I Der Noir confermano appieno la loro attitudine e dimostrano una sorta di visione pura delle cose che permette alla band di superare la definizione di musica derivativa nella sua peggiore accezione grazie a un approccio naturale, mai forzato, quasi non potessero fare altro, a dispetto di molti che ci provano e risultano decisamente rigidi e artefatti: non è da tutti avere imprescindibilmente la capacità di mutare i colori attraverso i suoni, loro ce l’hanno, ed effetto notte sia.




Rolling Stone Magazine | 01.02.2012


Non hanno superato la boa del primo anno di vita, eppure i Der Noir sono già fra i gruppi più interessanti del momento, grazie alla loro proposta new wave declinata attraverso l'uso di strumentazione vintage.
Il trio romano composto da Manuele Frau, Manuel Mazzenga e Luciano Lamanna si è guadagnato un'ottima reputazione sia online sia grazie a una attività live di tutto rispetto, e arriva proprio oggi al traguardo del primo al bum.
A Dead Summer, questo il titolo, è licenziato da RBL Music Italia attraverso la distribuzione Edel, e Rolling Stone vi presenta in esclusiva il video per il primo singolo estratto, dal titolo Another Day.
Un vero viaggio all'indietro nel tempo, sia sonoro che estetico: i Der Noir ci tuffano in un'atmosfera new wave che non è forzata, ma suona e appare autentica e, anzi, molto personale.



Rockit | 19.12.2011

Ogni anno lo trovi il gruppo partorito in Italia ma che non ha nulla di italiano, e che poi, il più delle volte, all'estero ci si trasferisce davvero e magari nelle interviste rinnega pure dove è nato. Sono i classici pesci fuor d'acqua che aspettano il colpo buono.
Ai Der Noir glielo si augura, perché dal niente hanno scritto canzoni dal respiro internazionale e dall'immagino rotondo. Tutto torna: la darkwave, l'inghiterra, il male di vivere.
Vedrete dove arriveranno.



Ondarock | 17.02.2012


Nati da esperienze musicali del tutto differenti, i Der Noir rappresentano un punto di fusione della scena underground di Roma. Con Manuele Frau, chitarrista dei crust-grinder Dirty Power Game e dei Black Land, Luciano Lamanna, già conosciuto nella scena rave-techno, e Manuel Mazzenga, il gruppo capitolino dà mostra di come si possa parlare di dark-wave in senso non semplicemente revivalistico e derivativo.

Basta dare un ascolto a "Another Day", primo singolo della band (video prodotto da Simone Pellegrini, già con Piotta e Verdena) per capire che non ci troviamo di fronte al semplice recupero stilistico (leggasi copia carbone) dei Bauhaus o dei Cure. Su una base meccanica e sintetica si pongono le basi oniriche di vocals di tenue opacità, di monocromatica malinconia; certe strutture classicamente minimal wave s'intermezzano ad attitudini vicine all'ultima Mushy (presente nei cori) ai Tropic Of Cancer, dando vita a una nuova forma di ricordo grigio. Le dense ritmiche oscure post-punk dell'opener "Private Ceremony" si mostrano energiche e soffuse in una struttura ipnotica e tagliente, ideale rituale d'ingresso al buio dispersivo e abbandonato della seguente "Done", in cui piccole ritmiche minimali sorreggono il corale alzarsi del cantanto a due per poi spegnersi liturgicamente.
Amore e passione per gli elementi fondanti della coldwave e del post-punk più angolare e metallico si mostrano anche in "Lontano dalle Rive", ma vengono metabolizzati in nuova forma, dando origine al trittico centrale di "Stranger's Eye"-"Oblivion"-"Another Day", un pulsante stagno surreale di specchi morbidi, in cui una strana elettricità pervade le drum machine. Il secondo brano in italiano, "Cosa vedo", raggiunge quasi il punto più lirico del disco, una breve sintesi poetica su uno specchio ricoperto di feedback chitarristici aperti alla notte. Infine, l'orizzonte si chiuderà con la title track, brano strumentale dalle sfumature quasi ambient nel suo incedere circolare, e dal crescere irregolare, molto cerebrale: una rappresentazione lunare della coscienza.
In conclusione, "A Dead Summer" riesce ad aprire uno spiraglio di modernità nel rinnovare un'identità passata con idee e passione sincere e creative, senza cadere in passatismi ormai sterili, ma ponendo le basi per un progetto dotato di una propria identità.



Peek-A-Boo | 27.02.2012

A legend is born: DER NOIR! A Cure/Sol Invictus intro, Cold Wave drums and impressive bass playing, resulting in a perfect New Wave / Gothic song … It’s possible! “Private Ceremony” is one of the best songs I've already heard this year: the voice is brilliant and the guitars are sublime. “A Dead Summer” offers fantastic (Minimal) Wave / Dark New Wave right from the start!
Der Noir is a Roman darkblack trio starring Manuele Frau (Voice), Luciano Lamanna (Rolands, Korgs and other Moogs) and Manuel Mazzenga (guitars). “A Dead Summer” is their highly recommended first album, offering 9 “Cold Pop Noir”-songs in English AND beautiful Italian. It’s also the first release on the new RBL Music Italia Label. Der Noir got help from some talented (and even sexy) musicians! The guest stars on “A Dead Summer” are Alessandro Adriani from the Mannequin Label AND Newclear Waves, Andreas Herz, Marco Benevento and the lovely Valentina “Mushy”.
A velvet melancholic timbre, dark depressive lyrics, ferociously “weeping” guitars and a great bass sound … I (utterly and absolutely) like and yes … I would (eagerly) recommend this to a friend!
To all you vinyl-freaks: there is also a limited vinyl edition of “A Dead Summer” out there. There are only 300 copies available, SO HURRY!



Musica Rovinata | 04.03.2012

Ci avevano incuriosito mesi fa con un EP d'esordio con il quale si fecero notare. Tornano in questo inizio di 2012 con il primo LP, A Dead Summer. I Der Noir sono una questione di fascino.
Non è un discorso di fare dark, 0 di essere dark etc. C'è qualcos'altro. Non c'è lo scuro qui. C'è il nero. Un tunnel, uno spazio chiuso, piuttosto piccolo per giunta. Dove si respira male, e quindi lo si fa regolarmente. Intervalli regolari. Si sta immobili, senza sprechi. Beat minimali sul quale si muovono basso e chitarra anche questi dritti, senza mai perdersi in ciò che non servirebbe alla causa. Una voce, quella di Manuel, enorme.
Ecco la differenza fra chi prova a fare questo genere, e chi lo fa: la voce. Ian Curtis non sarebbe stato Ian Curtis senza quella voce. Hai voglia di attacchi epilettici e impiccagioni. Ci vuole una timbrica in un certo modo, non si scappa. Ecco, Manuel ce l'ha. Non lo sto paragonando a Ian Curtis, tranquilli.
Che poi la gente viene a tirarmi le pietre sotto casa. Però ascoltatela e ditemi se non c'è da godere di una voce così, profonda, che ti senti vibrare nello sterno, mentre hai un basso che ti trapana la faccia e un beat costante che vien voglia di toglierselo dalle orecchie con le unghie.
Per quello che dovrebbe rappresentare il loro genere, i Der Noir sono davvero vicini alla perfezione. Ci sono anche i ritornelli, da sempre spauracchio della musica in stile anni '80. Forse a quei tempi si aveva paura di finire come i Duran Duran, e quindi non si facevano. Non lo so. Quello che so è che sono rimasto esterrefatto nello scoprire che anche l'esperimento dell'italiano in un paio di brani acquisisce un senso. Ed un risultato più che dignitoso. Certo, cose del genere in inglese sono più immediate, poco da fare. E nei 7 brani in lingua anglosassoni in effetti si sente la differenza.
Tiriamo le somme. Questo dei Der Noir è uno degli album d'esordio migliori di questo 2012 per il momento. Non c'è ombra di dubbio. Da sfidare chiunque dica il contrario.
Sì perché riuscire a suonare musica vissuta 30 anni fa e farlo in modo non semplicemente dignitoso, senza scadere nel parodistico o anche nel semplice omaggio, ma riuscire a proporre un nuovo vestito ad una signora come la dark wave, beh, è da applausi.
Poi certo, il vestito della signora rimane e rimarrà sempre del solito colore.
Nero.



Music Emissions | 18.08.2012


Italian trio Der Noir hail from Rome and offer a dark and gloomy sound reminiscent of early Bauhaus and the Sisters of Mercy. The texture is one of a combination of Goth, darkwave and post-punk without ever sounding as if it is something which has been dragged up from the grave of the eighties to stalk, zombie-like, across the musical landscape of 2012. Welcome to their critically acclaimed debut, A Dead Summer. Unlike post-punk predecessors, Diaframma, Der Noir have wisely decided to sing most of their material in English, although two of the tracks are in a deep Italian tenor which defies any expectations you may have had as to what that language sounded like. Vocalist Manuele Frau has just the right voice for the music, cold and distant with a hint of menace. And yet if this review so far reads like the band comprises a bunch of miserable Italian so-and-so's dressed entirely in black and singing about slitting their wrists, then you would be gravely mistaken. OK, they do dress largely in back, but what is remarkable about A Dead Summer is that, unlike so much Goth and darkwave, Der Noir have managed to produce some damn good tunes. It is almost as if this was the flag-carrier for a new kind of pop-noir for the new millennium. The opener, "Private Ceremony", is one of the best of its kind to have emerged anywhere in a long time, while "Stranger's Eye" starts off with a distinctly Cure-like bassline before progressing into a darker version of eighties danceable synth pop. "Cosa Vedo" has a superb bassline, overlaid with soothing synthesisers and some great shimmering guitars. The rhythms are sustained by some impressive bass playing from Manuel Mazzenga and some less than impressive drum machines, the latter being tinny and articficial sounding, like some bad pastiche of a German europop outfit like Deutsche-Amerikanische Freundschaft. And yet, even though the sound of these infernal machines is weak, it grows on you until in the end you accept it as an essential component of a musical style which, were there a real drummer of a deeper sound, would not be quite so effective. It is almost as if the band made a deliberate decision to utilise the machines in this way as if to emphasise the fragility of the music as part of a bleak and sometimes depressing musical soundscape. Most of the time the music is provided by machines, such as on "Oblivion" where only Mazzenga's bass is there to remind you that there are human musicians on this. The synthesisers provide an atmosphere which is strongly reminiscent of Dead Can Dance at their best and never comes across as cold as some of the other synthesiser laden music which has come out so far this decade. The result is sensual, at times almost erotic in its detachment. This is music to accompany the nocturnal wanderings of an incubus (or succubus, depending on your gender). Not just Goth but almost Gothic in a nineteenth century pre-Raphaelite sense, an impression which is sometimes enhanced by the cool and eerie vocal accompaniment from a female voice belonging to someone identified only as Valentina. A cursory listen would give you the impression that this Italian trio were jumping on someone else's bandwagon. Again, you would be wrong. A Dead Summer has a quality of its own. There is too much here in terms of depth of sound to call it pure darkwave and, at times, it has a positive sensation to it to render it outside the miserable self-loathing of some of the darker Goths. An unexpected treat.